sabato, giugno 09, 2007

Che cos'è il cristianesimo non religioso?


Bonhoeffer, il teologo sovraconfessionale del cristianesimo non religioso, vittima del nazismo e martire di Cristo, si poneva spesso questo interrogativo, anzi, non è esagerato affermare che ne era quasi tormentato. Un interrogativo che le gerarchie ecclesiastiche, nella loro ansia di smerciare la propria mercanzia (la religione), non si sono mai poste né mai, presumo, se lo porranno.
Bonhoeffer aspirava a una forma di cristianesimo che potremmo definire esistenziale, connotato dal superamento delle contrapposizioni - e contraddizioni - confessionali e del devozionismo teologico. Il cristianesimo nella sua forma tradizionale, il cristianesimo reale, oltre a non fare più presa sui fedeli, non rappresenta più da un pezzo – se mai lo ha rappresentato in 2000 anni di storia – il Vangelo, concepito come vocazione alla fedeltà alla Terra, alla dimensione mondana. Questo pensiero di Bonhoeffer è oggi più che mai attuale e oserei dire profetico, vista la tendenza moderna a risacralizzare tutto, e vale la pena di approfondirlo.

Per Bonhoeffer l’antitesi, strumentalizzata a livello mondiale dalle religioni, tra Dio (trascendente) e mondanità (immanente), non reggerebbe alla prova dei fatti; di più, ad un analisi spassionata delle ricadute negative che essa ha avuto sulle coscienze e continua ad avere, si rivela un colossale errore, l’incipit di un orientamento anticristiano tout court. Chi ha veramente a cuore la causa di Dio, non può contrapporla alla causa del mondo. Al contrario, l’amore di Dio deve spingere all’amore del mondo e all’eliminazione delle ingiustizie che lo deturpano.

Sulla Terra, Cristo è sceso, si è fatto carne, ha seminato la buona novella per la costruzione del Regno dei cieli, ha sofferto con noi ed è stato vittima del Potere. Sulla Terra, gli uomini devono costruire l’azione e mettere in pratica la Buona Novella, non in vista di una vita oltre la vita, ma in vista del Regno dei cieli che deve essere costruito qui e ora. In quest’ottica mondana, non è ammessa l’alternativa cielo-terra, essa è una trappola, una pietra d’inciampo a causa della quale gli uomini hanno messo in atto la fuga dal mondo, per allontanare da sé le proprie responsabilità e il proprio fallimento di fronte a Dio. Il Dio della croce ha assunto le sembianze veterotestamentarie del Signore autoritario e onnipotente, un Deus ex machina che interviene per sanare laddove gli uomini hanno fallito. Le religioni che hanno contribuito a costruire quest’immagine fredda e distante del Dio cristiano, utile al fine di manipolare e controllare la coscienza collettiva, hanno inquinato e profanato la vera essenza della divinità. Il dio cristiano, nel pensiero teologico bonhoefferiano, non è un Dio disinteressato ai mali del mondo, estraneo all’aldiquà; Egli, in realtà, non è un Dio indifferente, ma un Dio che cammina in mezzo a noi, che vuole far conoscere la sua vera natura agli uomini e che si è fatto conoscere tramite Gesù: nel Vangelo di Giovanni è spesso ribadita l’idea che Gesù costituisce l’unica via per giungere al Padre, che Egli è la stessa cosa del Padre; Egli è la Via, la Verità, la Vita. Per questo motivo, coloro che hanno visto Gesù, che ne mettono in pratica gli insegnamenti, hanno visto il vero volto del Padre.

Torniamo, dunque, all’interrogativo di fondo: in che cosa consiste il cristianesimo non religioso, è praticabile oggi, ha degli agganci col Vangelo, oppure è solo un’altra forma religiosa, un dozzinale prodotto di marketing, spacciato come tale dai Mercanti del Tempio?

Analizziamo come Bonhoeffer definisce il cristianesimo non religioso:

“Spesso mi chiedo perché un “istinto cristiano” mi spinga frequentemente verso le persone non-religiose piuttosto che verso quelle religiose, e ciò assolutamente non con l’intenzione di fare il missionario, ma potrei quasi dire “fraternamente”. Mentre davanti alle persone religiose spesso mi vergogno a nominare il nome di Dio – perché in codesta situazione mi pare che esso suoni in qualche modo falso, e io stesso mi sento un po’ insincero (particolarmente brutto è quando gli altri cominciano a parlare in termini religiosi; allora ammutolisco quasi del tutto, e la faccenda diventa per me in certo modo soffocante e sgradevole) – davanti alle persone non-religiose in certe occasioni posso nominare Dio in piena tranquillità e come se fosse una cosa ovvia. Le persone religiose parlano di Dio quando la conoscenza umana (qualche volta per pigrizia mentale) è arrivata alla fine o quando le forze umane vengono a mancare – e in effetti quello che chiamano in campo è sempre il deus ex machina, come soluzione fittizia a problemi insolubili, oppure come forza davanti al fallimento umano; sempre dunque sfruttando la debolezza umana o di fronte ai limiti umani; questo inevitabilmente riesce sempre e soltanto finché gli uomini con le loro proprie forze non spingono i limiti un po’ piú avanti, e il Dio inteso come deus ex machina non diventa superfluo; per me il discorso sui limiti umani è diventato assolutamente problematico (sono oggi ancora autentici limiti la morte, che gli uomini quasi non temono piú, e il peccato, che gli uomini quasi non comprendono?); mi sembra sempre come se volessimo soltanto timorosamente salvare un po’ di spazio per Dio; – io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell’uomo. Raggiunti i limiti, mi pare meglio tacere e lasciare irrisolto l’irrisolvibile.
(D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, ed. Paoline, Milano, 1988, pag. 349)

La religione è solo una veste corrotta del cristianesimo. La Chiesa è comunità di credenti e non credenti, accomunati dal valore della fratellanza e della solidarietà. Un credente più un altro credente che dal punto di vista teologico siano sulla stessa lunghezza d’onda, fanno una confessione e niente di più, ma due credenti che appartengono a orizzonti teologici differenti e che dialogano dialetticamente con un non credente, fanno la Chiesa! Il significato originario della parola greca Ekklesìa è opposto a quello della parola airesis, "setta" (che non significa affatto eresia, significato aggiuntivo attribuito nel corso dei secoli dalla Chiesa per isolare i movimenti cristiani dissidenti): l’ekklesìa è il luogo dell’incontro, della valorizzazione, in chiave democratica, di tutte le posizioni, è la comunità che esce fuori dagli schemi e dall’addomesticamento religioso, è l’accoglienza senza pregiudizi di sorta, è la Chiesa proiettata sui non credenti e sui “diversamente” credenti; è una Chiesa che non fa ghetto, ma si apre al mondo. E, in definitiva, lo spirituale contrapposto al temporalismo, all'abuso del potere e alla coercizione psicologica esercitata dalle religioni in ogni tempo e in ogni luogo.

Qualsiasi teologia è espressione di una spiritualità e di un modo di essere cristiano peculiari. Perciò è idolatrica la pretesa avanazata dalla Chiesa di voler omogeneizzare il pluralismo teologico e di bollarlo come deviazione dall’autentica fede cristiana. Lo spirito di Dio non è selettivo, esso è come il vento che "soffia dove vuole e ne senti la voce,ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito" (Giovanni 3,8) e né le gerarchie ne lo stesso Papa possono arrestarne il movimento.

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Gesù disse, "Se coloro che vi guidano vi diranno: "Ecco, il Regno è nei cieli", allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno: "E nei mari", allora i pesci vi precederanno. Il Regno, invece, è dentro di voi e fuori di voi. Vangelo di Tommaso, Loghion 3