giovedì, agosto 30, 2007

La questione del sacerdozio femminile

In questo post riprendo, apportandovi delle modifiche, un mio intervento su un forum pubblico in cui affrontavo la questione del sacerdozio femminile da un punto di vista esclusivamente evangelico, analizzando quei passi in cui Gesù si pronuncerebbe contro o a favore del sacerdozio come istituzione religiosa ben consolidata nella Palestina del I secolo. Questa analisi è necessaria perché da parte di moltissimi cristiani viene postulata l’interdizione delle donne, prescritta niente meno che da Gesù, dall'ordinamento sacerdotale! In realtà tale prescrizione non ha alcuna base scritturistica, se non in quei pochi passi delle lettere paoline e pseudopaoline che, come cercherò di documentare, non dimostrano nulla se non che Saulo sulla questione della parità sessuale era eccessivamente puritano e un po’ indietro, non rispetto ai tempi in cui viveva, ma rispetto al Vangelo stesso.

Tralasciando i passi estrapolati dalle Lettere della cosiddetta “Scuola di Paolo”, prendiamo in esame solo quelli relativi alle lettere autentiche, che sono: Lettera ai Galati, 1 e 2 Lettera ai Corinzi, Lettera ai Filippesi e Lettera ai Romani.
Inizio con l’invitare a leggere attentamente gli scritti di Paolo con uno spirito più critico e scevro da intenti apologetici, perché affermazioni del tipo “i concetti di Paolo risiedono tutti nell’Antico Testamento” significa misconoscere niente meno che la teologia e la cristologia paoline. Paolo, infatti, scrivendo ai Romani, dice: “non siete più soggetti alla Legge, ma alla grazia” (Rom. 6,14), e ai Galati “…per le opere della legge non sarà giustificato nessuno” (Gal. 2,16), o ancora “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendosi fatto egli maledizione per noi…” (Gal. 3, 13).

Non c’è un solo passo in tutto il Nuovo Testamento in cui Gesù affermi (o in cui un autore neotestamentario gli fa affermare) l’esclusione delle donne dal sacerdozio. Non ha senso appoggiarsi alla tradizione della Chiesa per avvallare una convinzione, un dogma che poggia su consuetudini che prese piede a partire dal III secolo (quindi ben tre secoli dopo Gesù), poiché è ormai accettato da tutti gli studiosi e dagli stessi cristiani più progressisti che buona parte della tradizione della Chiesa non risale al Vangelo, anzi che per molti aspetti è inconciliabile con esso.
Gesù non avrebbe mai potuto ordinare un tale precetto per una serie di motivi:

1. Non ha mai creato alcun sacerdozio maschile in contrapposizione alla classe sacerdotale del tempio di Gerusalemme, come invece fecero gli esseni di Qumran, per i quali i sacerdoti del tempio erano impuri, quindi illegittimi. Anche lo stracitato gruppo dei “Dodici Apostoli”, considerato il modello della gerarchia ecclesiastica, pare non sia mai esistito nella veste sacerdotale che a posteriori gli è stata ascritta: l’unico a menzionare il termine apostolos (in greco “colui che va avanti, che precede”) come titolo dei “Dodici”, è Luca in Lc. 6,13 e tale titolo non ha alcuna connotazione religiosa. Gli apostoli erano coloro che precedevano Gesù nei villaggi in cui Egli predicava la buona novella. Il fatto che Gesù abbia affidato ai soli maschi l’annuncio della buona Novella nei villaggi della Palestina si spiega semplicemente con un motivo di ordine pratico: per le donna, a quell’epoca, era pericoloso percorrere chilometri di strada da sola, poteva essere aggredita in qualunque momento; inoltre, i giudei, molto tradizionalisti in fatto di insegnamento, non avrebbero mai accettato la predicazione di una persona di sesso femminile. Nonostante ciò, Gesù incoraggiava le donne a farsi portavoce della buona novella, spigendo per un effettivo cambiamento dei costumi sociali e per un superamento dei tabù imposti dalla tradizione, cosa che doveva innanzitutto partire dai suoi fedeli discepoli. Se i suoi discepoli, dopo la sua morte, non sono stati in grado di andare oltre la tradizione, significa che non hanno recepito al 100% il messaggio del loro maestro.

2. Gesù non ha mai istituito un clero così come si è andato costituendo nei primi tre secoli dell’era cristiana. Quando, in Mt. 6,5-6 afferma che “quando pregate non siate come gli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per farsi notare dagli uomini… Ma tu, quando vuoi pregare, entra nella tua camera e, serratone l’uscio, prega il Padre tuo che sta nel segreto…” non fa altro che rivelare il superamento stesso del sacerdozio come istituzione sacra legata a un luogo di culto. Per Gesù non c’è più bisogno della figura del sacerdote, intesa come mediatore tra l’uomo comune e Dio. La preghiera, il momento più alto della comunicazione tra l’uomo e il suo Creatore, può essere diretta e non più mediata dall’intercessione del sacerdote, preposto all’amministrazione del culto. Niente è stato più radicale di ciò nel suo annuncio.

3. Ne consegue che se Gesù non ha mai parlato di sacerdozio femminile né, tanto meno, di sacerdozio maschile, è perché non gli é mai passato per la mente di crearne uno, per cui il problema dell’ammissione/esclusione delle donne dal sacerdozio non si poneva affatto per il Figlio di Dio. Il motivo di tale apparente “noncuranza” è molto semplice a va ricercato nei Vangeli:

“Credimi donna; è venuto il tempo in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quello che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene il tempo, anzi è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarli in spirito e verità.” (Mt. 21-24).

Sentenze lapidarie per cui “chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie (I Cor. 7,32) hanno fornito alla Chiesa l’argomentazione teologica per la creazione del celibato giustificandolo col fatto che i non sposati hanno più tempo da dedicare a Dio.
Certo, non si può pretendere che il pensiero di un ebreo, Paolo di Tarso, proveniente dalla diaspora, vissuto nel I sec. d.C., con delle idee religiose un po’ confuse, e per giunta in odore di falsità secondo i gli emissari di Giacomo, sia conforme in materia di parità sessuale a quello del Figlio di Dio, che per i cattolici è la seconda persona della Trinità. Ma che si avanzi la pretesa, da parte di alcuni, digiuni di Vangelo - quello autentico predicato da Gesù - che il pensiero di Saulo di Tarso discenda direttamente da presunte disposizioni che Gesù avrebbe dato ai suoi discepoli o che derivi addirittura da una rivelazione personale che Cristo avrebbe riservato a Paolo, questa, con tutto il rispetto per i credenti di confessione cattolica, mi pare una fesseria che oltre ad offendere il buon senso comune, offende anche Dio. A meno che non si consideri Saulo di Tarso infallibile come l’ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede…

Comunque, tornando a cose più serie rispetto all’infallibilità del vicario di Cristo, il punto non è la contestualizzazione storica di alcuni precetti paolini, chiamata in causa da alcuni per interpretare in modo corretto alcuni passi ambigui delle sue lettere. Il punto è che prendere come articolo di fede tutto ciò che Saulo ha impartito alle comunità da lui fondate nel I secolo d.C. equivale a distorcere il Vangelo in alcuni dei suoi punti più innovativi e rivoluzionari, quelli cioè che rompono esplicitamente non solo con la tradizione ebraica e, nello specifico, con la Legge, ma anche con tutti i sistemi culturali intrisi di misoginia e discriminazione dell’”altro”, dove per “altro” si intendono tutti i soggetti emarginati nel mondo antico: donne, schiavi, barbari, lebbrosi, malati mentali, prostitute ecc. E’ Paolo di Tarso colui che ordina ai suoi proseliti, in uno dei suoi voli pindarici più negativi “…di non avere relazioni con chi, portando il nome di fratello, fosse fornicatore o ubriacone, ladro, maldicente, avaro, idolatra. Con gente simile non dovete neppure prendere il cibo insieme” (1 Cor. 5,11). Non mi risulta che Gesù abbia mai evitato frequentazioni equivoche; anzi, spesso dava scandalo mangiando con “pubblicani e peccatori”, tanto da suscitare la disapprovazione dei suoi discepoli più stretti e l’avversione dei farisei legalisti. Gesù replicava alle critiche dei suoi avversari che “il medico è venuto per i malati, non per i sani” e che “i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli”.

A questo punto una domanda sorge spontanea: va bene che Paolo, molto probabilmente, non ha mai conosciuto Gesù nella sua vita terrena, ma allora, quale Vangelo avrà mai ricevuto? Certamente non quello predicato da Gesù! In certi suoi atteggiamenti Paolo sembra ancora molto legato alla tradizione farisaica piuttosto che ispirato alla buona novella. Più che un impostore fa la figura dello schizofrenico: prima scrive che “voi tutti siete uno in Cristo Gesù” poi predica l’isolamento sociale per i “diversi”, e per di più per i “fratelli” diversi, cioè coloro che appartengono alla comunità cristiana! Non mi pare che Saulo segua alla lettera il comandamento più importante dato da Gesù: ama il tuo prossimo come te stesso. Eppure quel comandamento Gesù lo ha messo in pratica in tutte le sue azioni sino alla crocifissione. Quando si è interposto fra l’adultera e i suoi lapidatori, rischiando di essere lapidato, o quando ha guarito i lebbrosi su cui cadeva la segregazione sociale imposta dal Levitico, o quando ha discusso con la Samaritana, una donna e per di più eretica, e le ha affidato l’annuncio della venuta del Messia nel suo villaggio, ha certamente fatto la volontà del Padre, non la volontà di Saulo.
Allora io posso capire la preoccupazione dei cattolici di difendere la reputazione di Saulo dagli attacchi dei suoi dettratori. Ma non posso non far finta che nelle Lettere autentiche di Saulo ci siano incoerenze e incompatibilità rispetto all’annuncio del Nazareno. Metterle in luce non significa affatto non contestualizzarle o peggio fare della propaganda anticattolica.

Detto questo, la battaglia portata avanti da molte donne per ottenere l’apertura del celibato al sesso femminile non mi vede partecipe in quanto sono convinta, e in ciò supportata da molti passi scritturistici, che l’intenzione di Gesù non era quella di creare, su nuove fondamenta, una nuova classe sacerdotale in antitesi a quella sadducea che faceva riferimento al tempio, ma, al contrario, di abolirla del tutto. Per lui, infatti, la casa del signore non era una costruzione di pietra ma – e in ciò egli è stato veramente rivoluzionario – il tempio andava sostituito con il suo corpo, cioè con la sua parola messa costantemente in pratica.
Gnostica

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Gesù disse, "Se coloro che vi guidano vi diranno: "Ecco, il Regno è nei cieli", allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno: "E nei mari", allora i pesci vi precederanno. Il Regno, invece, è dentro di voi e fuori di voi. Vangelo di Tommaso, Loghion 3