sabato, agosto 18, 2007

Lc. 18, 10-14: Scàndalon e Agàpe

Il fariseo e il pubblicano

In questa parabola è trattato il tema della giustificazione e, più in generale, il tema del rapporto con il prossimo.
Nell’immaginario collettivo ebraico il fariseo rappresentava la purezza nell’osservanza della Legge e la trasparenza morale, il pubblicano, all’opposto, la moralità compromessa dall’esercizio di una professione empia e impura. Si tratta della classica contrapposizione incentrata sulla purità/impurità che regolava i rapporti tra i membri della comunità giudea al tempo di Gesù. Qualsiasi sistema religioso per mantenersi in vita crea la dualità, bene/male, puro/impuro, circonciso/incirconciso ecc e Israele non sfugge a questa regola, anzi, Israele si fonda sulla dualità e sulla separazione.

C’è un bellissimo saggio, sempre attualissimo, dell’antropologa sociale Mary Douglas, Purezza e Pericolo, in cui viene indagata l’ancestrale paura biblica di dissolvere la specificità si Israele come popolo eletto. L’ossessione degli ebrei per la purezza e la differenziazione rituale si traduce nella formazione del Levitico, quel sistema di prescrizioni legali restrittive tanto fanaticamente idolatrato dall’ebreo comune quanto considerato inutile da Gesù ai fini della preparazione del Regno dei cieli.

Ciò che differenzia la figura del fariseo da quella del pubblicano non è la sua posizione verso la Legge e verso Dio, ma la posizione verso il prossimo: l’uno mostra di avere un atteggiamento sprezzante e superiore rispetto ai pubblici peccatori, l’altro, conscio delle sue mancanze, si umilia, chiede perdono a Dio, si considera l’ultimo degli ultimi.
Il fariseo è la quintessenza dello skàndalon, il pubblicano penitente la quintessenza dell’agàpe, dell’amore per il prossimo.

Faccio una breve digressione sul significato della parola greca skàndalon. Skàndalon è generalmente tradotto con “scandalo”, “trappola”, “insidia” posta lungo il cammino. La parola e il verbo derivato skandalizo, “causare scandalo”, vengono dalla radice skàzo, che significa “zoppicare”. Nei Vangeli ci sono un gruppo di testi imperniati sulla nozione di skàndalon e in base ai quali l’unica accezione plausibile di scandalo è la seguente: l’alienazione da se stessi, la tentazione che allontana il discepolo di Cristo dal Regno dei cieli e perciò il contrario dell’amore in senso cristiano:“Chi ama il proprio fratello abita nella luce e non vi è in lui alcuno scandalo. Ma chi odia il proprio fratello abita e cammina nelle tenebre, e non sa dove va perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi”. (1Giov. 2, 10-11).
Che lo skàndalon sia poi tutto umano, nel senso di errore umano, lo rivela un altro fondamentale testo evangelico, Matteo 16, 22-23, in cui Pietro reagisce scandalizzato all’annuncio, da parte di Gesù, della passione: “Pietro, trattolo a sé, cominciò a rimproverarlo dicendo: “Dio te ne scampi, Signore! No, questo non ti accadrà mai!” Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: Va’ lontano da me, Satana! Tu mi sei di ostacolo, perché i tuoi pensieri non sono quelli di Dio, ma quelli degli uomini”. Nonostante Gesù istruisca i suoi discepoli sulla natura dello skàndalon (Gv. 16,1 “Vi ho detto queste cose per preservarvi dallo scandalo”), Pietro è scandalizzato dalla rivelazione della passione, poiché per lui la passione non può che costituire uno scandalo, così come il fariseo perfezionista è scandalizzato dalla presenza nel Tempio del pubblicano peccatore incallito.

Lo skàndalon, dicevamo, è la negazione dell’agàpe. Nell’episodio del fariseo e del pubblicano è l’esemplificazione del giudice che cerca di sfuggire al giudizio che esprime sugli altri: “Non giudicare, per non essere giudicati, perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?” (Mt. 7,1-3). Da questo testo polemico si evince benissimo come siano sempre gli ipocriti, gli “zoppi”, coloro che credono di cavarsela denunciando l’ipocrisia del prossimo. Con lo skàndalon si perpetua all’infinito la spirale dei doppi: giusto/ingiusto, osservante della Legge/sacrilego, ed è per questo motivo che Gesù cerca di spezzare la circolarità dei dualismi sanciti dalla Legge (che si ripropongono anche oggi in istituzioni religiose come la Chiesa cattolica), al punto da porsi al di fuori della comunità e di essere messo a morte come bestemmiatore?

O non è forse vero che la Chiesa fonda la propria esistenza sulla dualità clero/base dei fedeli? La gerarchia ecclesiastica si considera di qualche gradino più in alto dei comuni fedeli. Ed ecco il simbolismo della piramide: in basso i trasgressori, i profanatori, i peccatori, in alto l’èlite spirituale, il clero irreprensibile, infallibile, intoccabile.

I detentori del potere clericale dovrebbe attingere i seguenti insegnamenti da questa parabola: l’eccessiva sicurezza nella propria incorruttibilità (e nell’infallibilità assegnata arbitrariamente al vicario di Cristo) apoditticamente postulata, non rappresenta una giustificazione al cospetto di Dio. Questa idea, infatti, come afferma l’incipit della parabola (“disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri”), è niente meno che una presunzione, dal momento che l’unica verità e che l’uomo, al di là della fede e delle azioni personali, è peccatore e che la vera dicotomia non è tra peccatori e non peccatori, ma semmai tra peccatori non giustificati (categoria rappresentata dal fariseo presuntuoso) e peccatori giustificati. La discriminante tra le due categorie tipologiche umane è l’ammissione davanti a Dio della propria condizione di peccatore, secondo il famoso rovesciamento valoriale: “Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
Infallibilità e fede cristiana non possono coesistere, poiché l’una è la negazione dell’altra, il salire in cattedra è opposto al rendere servizio al prossimo. Infatti, nell’Antico Testamento lo skàndalon, la pietra d’inciampo per eccellenza, è l’idolatria, che a dispetto di quanto si crede comunemente, non è solo culto degli idoli, ma culto della propria autosufficienza, del proprio ego o, viceversa, adorazione del potere satanico (cfr. Mt. 4, 6-10), del Potere che, opponendosi a Dio, Lo nega e Lo sostituisce. Satana non è soltanto il principe di questo mondo, dominato dall’egoismo e dalla violenza, ma è anche il principe del disordine, dello scandalo stesso che si pone sempre di traverso sulla nostra strada per ostacolare i nostri sforzi verso il Regno dei cieli.

Non si può tacere che il massimo dello scandalo per la società giudaica di allora fu il Discorso della Montagna, le Beatitudini che rovesciando l’ordine vigente, annunciavano l’avvento del Regno di Dio e contemporaneamente facevano di Gesù un pericolo, un sovvertitore che si era posto al di fuori del gruppo, da eliminare al più presto? (cfr. Lc. 4,28-30). Eh sì, perché un Messia che non stava dalla parte dei potenti, dell’establishment politico-religioso dava scandalo, allo stesso modo, oggi, per il Vaticano è motivo di scandalo che alcuni fedeli non si sottomettano alla sua autorità, al catechismo della morte del cristianesimo e della coscienza. Recentemente, c’è stato un fatto di cronaca che ha suscitato clamore presso le gerarchie vaticane, un pericoloso precedente da isolare: una ragazzina, durante una lezione di catechismo all’insegna dell’omofobia, ha osato contestare il vescovo, che aveva appena finito di istruire i presenti sulla necessità di tenere gli omosessuali fuori dalla Chiesa, dicendo a viso aperto che secondo lei "non è giusto”. Apriti cielo: il vescovo anticristiano ha subito zittito la ragazzina dandogli della “scema”, i genitori sono stati invitati a tenere sott’occhio la ragazzina e gli altri compagni che l’hanno difesa, insomma un vero caso diplomatico. Io mi faccio una domanda, e ve la faccio anche a voi: secondo voi, chi ha dato più scandalo (nel senso spiegato sopra di alienazione dall’amore), la ragazzina o il vescovo intollerante?

Gnostica

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Gesù disse, "Se coloro che vi guidano vi diranno: "Ecco, il Regno è nei cieli", allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno: "E nei mari", allora i pesci vi precederanno. Il Regno, invece, è dentro di voi e fuori di voi. Vangelo di Tommaso, Loghion 3